41–60 di 128 risultati

  • ZOZÒS

    (…) Il fatto è che in Zozòs l’azione è totalmente delegata alla parola, e in questo sta il valore strutturalmente drammaturgico della lingua di Manfridi. Si tratta, qui, di un processo agito a livello psicoanalitico, in cui la rivelazione che Edipo è l’assassino di Laio, ma anche figlio dell’assassinato e di Giocasta, è – per dirla con Freud, che nell’Interpretazione dei sogni definisce l’Edipo Re come il paradigma del fenomeno psicologico – “gradualmente e ad arte approfondita e ritardata”. Una rivelazione in cui il riconoscimento è riconoscimento di sé, e, allo stesso tempo, è una realtà in cui il destino dell’auto-agnizione si compie ripercorrendo in modo sempre più consapevole quegli stessi gradini inconsapevolmente discesi verso l’abisso oscuro del proprio essere. Un thriller verbale e psicoanalitico, insomma, in cui l’indagine poliziesca della concatenazione di eventi conduce al disvelamento della insopportabile verità attraverso successive e inesorabili deduzioni, con un meccanismo a orologeria puntualissimo in cui ogni singola parola gioca il suo insostituibile ruolo.
    Dalla postfazione di Claudio Boccaccini

    10,00
  • TRA LUCI ED OMBRE

    Un insieme di testi indipendenti l’uno dall’altro ma uniti dal voler mettere in scena la “fragilità” dell’uomo, dell’essere umano.
    Luci tenui accompagnano questi personaggi verso il loro destino vagando tra parole fatte d’incertezza e di speranza. Un linguaggio che varia, da uno stile più poetico, sino ad un linguaggio più moderno e più veloce. Stili diversi ma uniti da un uso intenso di pause e silenzi, colmati dalla bravura dell’ attore che deve essere capace di riempirli con la sua essenza. Un insieme di opere che mescola luci ed ombre dove ogni personaggio ha un segreto, un conflitto con sé stesso e con gli altri. Dove tutto non è ciò che sembra. (Dall’introduzione a cura dell’autore).

    “Il drammaturgo è colui che vive tra le luci e le ombre della scena”

    12,00
  • LA BANDA

    LA BANDA racconta l’inaspettato e folgorante incontro di un militare di leva con la musica e l’arte, grazie ad una banda militare diretta da un semplice maresciallo. Il soldato Vigili, pur di sfuggire agli snervanti obblighi della naja, fa di tutto per entrare a far parte della Banda della sua caserma, e si ritrova affascinato dalla personalità trascinante del maresciallo Bellini, eroico inventore e animatore di un gruppo di scalcinati, ma via via sempre più entusiasti, musicisti. La musica è l’altro elemento protagonista della storia, presente con la forza trascinante dello swing e le atmosfere romantiche di Glenn Miller, alternate alle marce da parata a volte giocose, a volte malinconiche, ma sempre popolari e di grande suggestione. Il racconto di un’avventura musicale e umana, che va ben oltre le mura di una caserma e ci riporta alla tradizione più graffiante della commedia all’italiana.
    LA BANDA è diventato anche uno spettacolo prodotto dalla U.A.O. in cui il bravo e versatile Federico Perrotta interpreta tutti i personaggi. La regia è di Manfredi Rutelli, regista e autore con cui ho condiviso un lungo sodalizio artistico proprio sulla linea del teatro di narrazione. La musica, evocata o eseguita direttamente dal vivo a seconda dei debutti, è l’altro elemento protagonista dell’evento teatrale, con diversi ensemble musicali organizzati di volta in volta in giro per le piazze italiane.

    8,00
  • LA SPIAGGIA

    Una donna e una spiaggia. Due luoghi familiari e sconosciuti. Due mondi vicini e inesplorati. Irene si interroga sulla propria vita, alla ricerca di una ragione per la sua solitudine. Una solitudine che affonda le radici nell’infanzia, che vive e cresce in una mancanza sottile e divorante: quella di un padre. L’uomo ha infatti abbandonato la sua famiglia per crearsi un nuovo nucleo affettivo. Irene affronta la sua esistenza con coraggio e con ironia, ma con dolorosa ostinazione non rinuncia a conoscere la verità, a volte disperatamente, a volte solo per potersi dichiarare viva. Continuerà così, attraverso gli anni, consumando gioie e sofferenze, nonostante le disillusioni, sapendo accettare il tempo che lascia i suoi segni, e combattendo con la propria volontà che a tratti si perde…
    La spiaggia è il luogo metaforico e fisico di questa ricerca. E’ il teatro degli incontri con il padre perduto e, forse, un giorno ritrovato. E’, per Irene, il luogo dei suoi giochi di bambina, dei sogni di adolescente, delle esperienze della maturità. In questa immensa distesa di sabbia, sotto un cielo fatto di azzurro, di nuvole, di gabbiani, davanti al mare infinito, il dolore sembra placarsi un po’, la coscienza anestetizzarsi e la verità, che affiora lentamente, farsi addirittura accettabile.

    8,00
  • IL PAESE DELLE FACCE GONFIETHE LAND OF SWOLLEN FACES

    Una narrazione dai toni leggeri. Un uomo racconta un disastro annunciato, un disastro ambientale che avrebbe potuto essere evitato se si fosse dato ascolto a chi aveva a cuore la salute della gente. E’ un uomo che avrebbe voluto tornare bambino, quando le nuvole gli passavano sopra la testa ed erano desideri che aspettavano di prendere forma. Il bambino ritorna nel linguaggio e nello sguardo ingenuo e dissacrante sugli avvenimenti.
    La storia, i luoghi e i personaggi sono di fantasia, ma tornano alla mente i grandi disastri che hanno danneggiato salute e ambiente, a partire dalla nube tossica di Seveso, via via fino ai nostri giorni, a testimoniare che poco si è imparato negli anni.

    12,00
  • TRILOGIA D’AMORE E TEATRO CIVILE

    L’AMORE IN GUERRA
    Amore come donna. Amore come Resistenza. Un dittico femminile ai tempi della Germania nazista, che in due quadri racconta un momento preciso della vita di due donne, interpretate da una sola attrice: Gertrud Steiner, grande pianista ebrea ed omosessuale e Matilde Melzner, giovane ricoverata all’istituto di cura di Eichberg. Entrambe avranno a che fare con due uomini, interpretati da un unico attore che rappresentano le due facce dell’amore, e del regime. Un testo che trasuda la lotta di due donne per il proprio diritto d’esistere e ravvisa proprio nell’amore l’unico vero motore dell’umanità.

    PARTIGIANA
    Lina ha soltanto 17 anni ma sa bene ciò che vuole: non ama i fronzoli, le paice parlar chiaro. E’ sfrontata, passionale, incosciente. Ha la testa dura. Non molla. Chiude gli occhi e sogna. Sogna di correre in bicicletta nel vento e di stringere tra le braccia il suo ragazzo: è il 4 maggio 1944 a Roma, è quell’attimo preciso che per lei è diventato eterno. In questo appassionato assolo, dove lei prende vita come una marionetta e si confondono realtà e finzione, buio e luce, magia e desiderio, Lina rivive la sua giovinezza, la vita di quartiere, gli ideali, un mondo di affetti intenso e mai dimenticato che fanno parte della sua e della nostra Storia.

    TUTTO IL MIO AMORE
    Questa è la storia di Carla, una semplice ragazza che ama un ragazzo. Una storia piena di sapori, di colori, di profumi, dove la Calabria come l’Italia diventa “Il Paese delle Fate”, il Paese dove tutto è possibile, un paese pieno di bellezza, che però sta morendo a causa di un misterioso virus: il Nulla. Questa è la storia di una ragazza e della sua coscienza, una ragazza che potrebbe andar via ma sceglie di restare.

    15,00
  • TEATRO INTIMO

    Ce ne andremo da qui sentendo che non è mai finito niente, e che “non ci vedremo mai più” è un appuntamento d’amore.
    Con questa citazione di Romain Gary apposta alla quarta pièce della raccolta, Carlotta Clerici afferma la preponderanza e la longevità del sentimento amoroso. “Alla ricerca dell’amore perduto” potrebbe essere il titolo che definisce le quattro commedie, il cui denominatore comune è essere poste, tutte, sotto il segno dell’acqua: la prima si svolge in riva a un lago, un fiume scandisce la seconda, il mare e una piscina ecologica la terza, l’immagine mentale dell’oceano che tormenta una giovane attrice segna l’ultima. Si attribuisce in genere all’acqua un carattere femminile. Risalendo a archetipi simbolici, Gaston Bachelard definisce l’acqua come nutritiva e sottolinea il suo carattere materno, femminile. Sembrerebbe che l’autrice di questo teatro dell’intimo, sognando il destino dei suoi personaggi che coglie in un momento di crisi, sia nel suo immaginario sotto l’influsso delle onde del lago di Como che hanno cullato la sua infanzia.

    (Dalla prefazione di Huguette Hatem)

    TEATRO 90

    20,00
  • LA FAMIGLIA REMBRANDT SCONFITTA DAI TULIPANI

    Dopo un inizio di carriera folgorante, Rembrandt conobbe un tristissimo declino economico e una serie di lutti personali che lo costrinsero ad abbandonare la splendida casa dove abitava nel quartiere ebraico di Amsterdam e a tentare di ricostruirsi una nuova famiglia con Hendrjeke, la sua nuova compagna.
    La crisi finanziaria di Rembrandt è da addebitarsi alla perdita delle commissioni che lo avevano visto protagonista assoluto della ritrattistica olandese, all’eccesso di acquisti destinati ad arricchire una pregevole collezione privata, e ad alcuni investimenti sbagliati fatti nel mercato dei tulipani; né più né meno come potrebbe avvenire oggi a chi investisse in borsa puntando tutto su un titolo che, dopo crescite repentine, dovesse poi rivelarsi fallimentare. Ed è qui il nodo della nostra storia: in una vicenda a tre che vede protagonisti, oltre al Maestro e a Enrike, Pitius, una sorta di agente finanziario ante litteram a cui Rembrandt si era affidato mani e piedi per ridare un po di ossigeno alle proprie finanze già tanto smagrite. Sullo sfondo del primo grande crollo economico conosciuto dall’umanità è così raccontata la notte cruciale in cui, tra tenerezze coniugali e comici tentativi di capire quel che sta accadendo, si consuma il dramma di due piccoli risparmiatori dal profilo attualissimo, uno dei quali risponde al nome formidabile di Rembrandt.

    TEATRO 92

    8,00
  • LA DOMANDA DELLA REGINA

    Reduci dall’inaugurazione di una libreria, il Professore – sessantenne autorevole, intriso di una cultura enciclopedica – e Dario – giovane pubblicista e trainer – si trovano coinvolti in una cena. I due non si conoscono e si attardano a fumare una sigaretta nel ristorante dopo che gli altri commensali sono andati via. Presto Dario inizia a porre domande, con l’aria di chi vuole comprendere senza troppo scoprire le proprie carte. Inizia così una conversazione su più livelli, brillante e variegata, nella quale, alle domande di Dario, vengono restituite risposte articolate e complesse. E proprio sulla differenza tra complicato e complesso si gioca uno dei temi principali del dialogo tra i due. Fino all’arrivo di Annalisa, Lisa per il Professore, Anna per Dario. Il linguaggio, le conoscenze, la cultura dei tre protagonisti creano un elegante gioco delle parti, in cui la dinamica è affidata alla tessitura linguistica e ai dialoghi tra i personaggi. In questo inaspettato triangolo riemergeranno dinamiche del passato intrecciate alle storie presenti, senza però che il terreno di incontro trovi soluzioni oggettive, ma anzi generi grazie alla complessità della trama – nuove e inattese ambiguità. Un sofisticato e ironico play in cui la parola – scientifica, complessa, matematica, filosofica, poetica – costituisce la trave portante.

    TEATRO 91

    10,00
  • IL GESTO DI PEDRO
    (Roma-Sampdoria 1-0 del 14 dicembre 1975) Atto Sesto

    L’ATTO VI del progetto DIECIPARTITE è dedicato all’odissea umana del calciatore Carlo Petrini, detto Pedro, scomparso nel 2012.
    Petrini è stato autore di vari libri, tra cui ‘Nel fango del Dio pallone’, una violenta rapsodia autobiografica capace di suscitare un vero terremoto nel mondo del calcio.
    In una partita giocata il 14 dicembre del ’75, Petrini, che vestiva allora la maglia della Roma, si rese protagonista di un gesto tanto semplice quanto sconcertante. Dopo essersi divorato una serie di gol già fatti, conquistò il centro del campo e alzò le mani per chiedere scusa a tutto lo stadio. Poco dopo segnò il gol della vittoria.
    Questo ricordo è la chiave per addentrarsi nel cuore di un sistema calcio feroce e cannibale che ha fatto da scenario alla peripezia tragica di un uomo perseguitato dai farmaci, dalle procure, dagli usurai, e soprattutto da se stesso.
    La conversione morale e letteraria di Petrini, susseguente alla tragica morte di suo figlio diciannovenne, è un evento di tale portata esistenziale da suscitare domande di significato assoluto. Una vera redenzione, nel senso più forte del termine.

    7,00
  • UN VECCHIO GIOCO

    In un luogo imprecisato, un seminterrato che potrebbe trovarsi proprio sotto i nostri piedi, una strana coppia. La solidità del legame è garantita dalle premesse non proprio convenzionali con cui avviene l’incontro tra lui e lei, che solo a un certo punto ci è dato conoscere. I due scoprono di essere accomunati da un passato molto simile, vissuto in un villaggio residenziale dall’apparenza rassicurante, e toccato a un certo punto da qualcosa di oscuro. Qualcosa su cui entrambi fondano la propria esistenza; e che, come non ci fosse per loro altra possibilità, hanno bisogno di perpetuare con la collaborazione di un malcapitato di turno. L’azione si sviluppa e procede attraverso la “storia” in maniera non lineare. Un puzzle di cui il pubblico è chiamato a rimettere insieme i pezzi. Un gioco delirante in cui sembra non poterci essere altro ruolo, per i differenti personaggi, se non quello di vittima, complice o carnefice; e come per loro, così per lo spettatore.

    TEATRO 88

    7,00
  • BOCCAPERTA
    MAI NATE

    BOCCAPERTA
    Un ragazzo con la vocazione alla rappresentazione e al trasformismo gioca a mettere in scena la propria famiglia, i personaggi e alcuni episodi fondanti e a volte tipici di una certa preadolescenza di provincia; per raccontarli, in una chiave spesso ingenua e surreale, al principale confidente e punto di riferimento: il proprio amico immaginario. Attraverso questo processo di rappresentazione di sè e del mondo che lo circonda, si svolgono le tappe attraverso cui il personaggio dà vita a un “monologo di formazione” a più voci. Una sorta di personalissimo teatrino, alla fine del quale il nostro riuscirà a conquistare un oggetto da sempre desiderato – un paio di jeans – con l’aiuto dell’amico immaginario, poco prima che questi sparisca per sempre.

    MAI NATE
    Si tratta di una rivisitazione al femminile del primo testo scritto dall’autore. Due gemelle senza età chiuse dentro la propria camera, come personaggi beckettiani che aspettano il loro Godot, giacciono in un’infinita e claustrofobica attesa della madre. Diversi temi si incrociano: la paura, la fragilità, la difficoltà di nascere alla vita, la ricerca della libertà e della salvezza da un ambiente familiare violento, l’abbandono. Per le due la vita scorre come un lento rito che si ripete sempre uguale a se stesso, le stesse parole e battibecchi, le stesse ossessioni; lo scorrere del tempo è scandito da giochi infantili, vecchie sveglie e letture di improbabili articoli di giornale. Ma è proprio attraverso questa liturgia quotidiana che accade, un giorno, qualcosa di nuovo.

    TEATRO 83

    8,00
  • LE STAGIONI DOLCENERE DI ELSA

    Non ricordo bene se l’affermazione sia di Oscar Wilde o di Ibsen, in teatro non sono le vicende in sè che producono arte e fanno sentire i brividi della vita, ma come sono poste e interpretate.
    Antonella Radogna porge le vicende di quest’opera con la naturalezza che appartiene propriamente al palcoscenico. I protagonisti sono autentici e si esprimoni senza fronzoli e senza atteggiamenti sofisticati, senza mai un accenno di enfasi e senza mai creare situazioni improprie.
    Un teatro che ci pone dinanzi alla realtà dei nostri giorni e che tuttavia ha un’aura che arriva da lontano e ci fa sentire la veridicità non solo dei sentimenti, ma anche del groviglio della psiche umana, a volte contorta e sbandata e altre volte spianata verso radure impensate.
    Si sente che la Radogna ha attraversato molto teatro con esperienze attive e con molte letture e che perciò ha imparato a dosare le battute, a trovare l’incastro giusto nel dialogare e nel fare apparire con naturalezza il senso recondito delle ragioni dei comportamenti.
    Il risultato è questo lavoro che io mi auguro sia presto messo in scena in modo che l’onda umana e poetica con cui è stato concepito possa trovare la giusta rappresentazione e il meritato successo.

    CARMINE CHIODO

    7,00
  • DONNE DEL SUD
    TRILOGIA

    Maria Pia Daniele nel precorrere i tempi traccia filoni che ancora oggi registrano grande interesse e successo. Rodolfo Di Giammarco l’ha definita la Cassandra del nostro teatro. Tra cronaca e mito, la Trilogia Donne del Sud raccoglie Faide del 1987, la prima Antigone contro la mafia de Il mio giudice, del 1993, e il più recente Cattive madri. Nei luoghi che un tempo furono della Magna Grecia e nella crisi dei valori, protagoniste sono le donne, o depositarie della mentalità patriarcale o eroine del rinnovamento volte al futuro nel rispetto delle regole della vita civile.

    15,00
  • IRENA SENDLER
    La Terza Madre del Ghetto di Varsavia

    Nel Ghetto di Varsavia, in un terreno di circa 4 chilometri quadrati, fu stipato tra la fine del 1940 e la primavera del 1943 quasi mezzo milione di Ebrei, tra cui uno stragrande numero di bambini nell’attesa di morirci di fame e di tifo prima di esserne deportati nei campi di sterminio, prevalentemente ad Auschwitz o a Treblinka. Queste le cifre della cronaca tetra della Shoah subita dagli Ebrei polacchi, che ebbe inizio il 1° settembre 1939 quando le truppe tedesche invasero la Polonia.
    La presente Opera rivisita e ripensa, in veste drammaturgica e con dei flashback di accurata ricerca storico documentaristica, la Memoria del Volto Truce del Male perpetrato dalla follia nazista sugli innocenti, i bambini, gli intoccabili, il cui sterminio fu deliberato nel 1941 quale uno dei principali scopi bellici di Hitler. Uno sfondo che purtroppo non può essere mai più cancellato né cambiato, ma in cui si innesta un altro Volto della Verità Storica: un Volto di Alta Umanità, Generosità e Bontà, quale fu quello di Irena Sendler, infermiera e assistente sociale polacca, proclamata Giusta tra le Nazioni nel 1965, per aver salvato, con i suoi collaboratori della resistenza polacca, 2500 bambini dal Ghetto di Varsavia.
    Il filo conduttore dell’Opera è quello del magistero di Irena Sendler, con cui si vuole tracciare un ‘testamento etico’ per le presenti e le future generazioni: la Condivisione del Bene e degli alti ideali tradotti in eroiche azioni, che restano iscritti con la Luce, come un dolce raggio dell’Eternità, nell’Oscurità macabra del Male commesso contro la parte più indifesa dell’Umanità.
    “Ci sono notti in cui, negli incubi, sento singhiozzi, grida disperate e pianti inconsolabili…” era il pensiero costante che attanagliava Irena Sendler fino alla sua morte avvenuta all’età di 98 anni.
    Quest’opera pone il valoroso esempio di Irena Sendler, testimone oculare anche dell’agire dei protagonisti di un circolo letterario del Ghetto di Varsavia, i quali con la parola letteraria e la musica cercarono di sopravviverci spiritualmente (poeti come Szlengel e il pianista Szpilman), facendoli assurgere tutti a metafora globale del Bene più grande che abbiamo, la Giustizia, l’Amore e la Riconoscenza, gli unici con cui possiamo e dobbiamo sottrarci agli orrori della Storia sul cammino del nostro pericoloso oggi e l’incerto domani.
    Il sommo magistero della Sendler “che nella vita vale solo che persona si è” insieme a quello talmudico: “Chi salva una vita, salva il mondo intera”

    Roberto Giordano e Suzana Glavaš

    10,00
  • IL PROGRAMMA

    Un atto unico che vede come protagonisti due uomini, Alan e Bryan, e un telefono.
    Ci troviamo in un luogo indefinito, potremmo supporre (come potremmo supporre tutt’altro) nella cella di una prigione, in una società invisibile, astratta, che a poeti, letterati, artisti e scienziati riserba un trattamento molto speciale: il programma.
    Un testo che lascia infinite possibilità di interpretazione, di gioco scenico (per gli attori) e di messa in scena (per il regista); un testo cangiante, che non rivela e non maschera, ma che lascia camminare il lettore/spettatore sul filo del rasoio tra la comprensione e la dispersione, tra la storia e la non-storia; un’opera che non vuole essere compresa, ma soltanto vissuta.

    8,00
  • OGNI VOLTA CHE GUARDI IL MAREO
    Omaggio a Lea Garofalo

    “… Mirella Taranto ci consegna un ritratto poetico ed epico di due donne, come solo chi ama la parola e le proprie origini riesce a restituire… La Carruba Toscano è mirabile ed intensissima…Triestino, regia creativa ed elegante..:” first-online
    “… Scritto magistralmente… eccellente Federica Carruba Toscano e la regia tira fuori dal cilindro idee brillanti… spettacolo imperdibile!” overblog.com
    “… Federica Carruba Toscano è intensa protagonista… ogni espressione ne contiene una opposta, ogni nuovo stato emotivo è già preparato nel precedente, ogni sorriso mostra un angolo acre e ogni lacrima o grido aspira ad un anelito di pace e di perdono…:” Laura Novelli – paneacquaculture.net

    8,00
  • FIGLI MARITI AMANTI
    Il maschio superfluo

    La storia, si snoda in presa diretta come fosse un lungo piano sequenza, inizia di sera e prosegue con l’avanzare della notte all’interno di un sofisticato loft destinato a trasformarsi da dimora accogliente in territorio di scontri e riconciliazioni.
    Una coppia, addestrata a battibecchi resi ormai innoqui da una consolidata tradizione di schermaglie domestiche, subisce l’intromissione proditoria di una seconda coppia composta da un vecchio amico in perenne stato di necessità e da una sua recente e assai più giovane compagna. I due trascineranno a casa dei primi l’onda lunga di una litigata furibonda e impietosa che getterà anche costoro in un rutilante vortice di rinfacci senza esclusioni di colpi dando corpo alla messa in campo di un alterco assoluto, denso di colpi di scena e tessuto da battute fulminanti. Daltronde, quando si è in presenza di un contenzioso ad alta temperatura, gli essere umani, per difendersi, sanno affilare le armi verbali al punto che, nel pathos del momento, si rivelano addirittura capaci di comporre endecasillabi perfetti. Due relazioni – una coniugale, l’altra estemporanea – si fonderanno, dunque in una girandola di malintesi e permalosità sino a ricomporre lo scenario di una nuova armonia. Se più forte o più precaria della precedente è materia offerta alla discussione.

    10,00
  • LOUISE BOURGEOIS: FALLI, RAGNI E GHIGLIOTTINE

    Louise Bourgeois era una donna eccezionale, ed è una delle più grandi artiste del secolo. Lucida, folle, anticonvenzionale, rigorosa, geniale, umile, straordinaria interprete del femminile, è segnata fin da bambina dalla violenza, dalla sua estrema sensibilità, ed è infaticabile creatrice di sculture intense, agghiaccianti, grottesche, rivelatrici, folgoranti. È famosa per i falli che sono spesso protagonisti delle sue opere o con cui si fa fotografare portandoli sotto il braccio; per i ragni monumentali, sotto cui ci si sente vulnerabili e allo stesso tempo protetti (“i ragni sono la madre”, diceva); per le ghigliottine che sospende sopra le case borghesi e le vite tranquille che racchiudono. E’ il prototipo, non convenzionale, dell’artista, che passa dall’euforia alla depressione, dall’attività frenetica all’immobilismo, dalla creatività alla riflessione. Ed è sorprendentemente, clamorosamente teatrale. II testo che racconta la sua vita e il suo lavoro mette in scena l’essenza di questo essere strano, al tempo stesso vecchia e bambina. Restituisce con le parole le sculture da lei create: tasselli che si compongono e ci restituiscono la figura di una donna affascinante, emozionante, totale. E probabilmente irripetibile.

    TEATRO 80

    8,00
  • LA SCALA

    ‘La scala’ racconta una disputa a sei dal ritmo serratissimo che si consuma in presa diretta durante un cocktail ben augurale organizzato per festeggiare la ristrutturazione di un seminterrato al Nuovo Salario di cui hanno da poco preso possesso Mirko e Miriam. Con loro, una coppia di vecchi amici (Corrado e Terry) e un’altra coppia da poco conosciuta (Nicolò ed Elvi) che abita nello stesso palazzo. Fiore all’occhiello dell’approssimativo restyling, una scala che collega direttamente il seminterrato col marciapiede di fuori. Un estroso éscamotage ideato per evitare, a chi debba entrare ed uscire, complicati giri nel cortile esterno.
    Tutto sulle prima sembra filare liscio, anzi… è un fluire ininterrotto di smancerie e
    mondanità ai limiti dell’enfasi, sin quando qualcosa avviene e tutto cambia, con la scala che assurgerà al ruolo di protagonista assoluta.
    Quel che avviene meglio non dirlo, certo è che gli effetti saranno esplosivi, e la simpatica riunione assumerà d’un lampo una metamorfosi impressionante. Scheletri nell’armadio, antichi rancori e antipatie inopinate prenderanno il sopravvento in una ridda pirotecnica di colpi di scena senza freni.
    Commedia aspra quanto esilarante, ‘La scala’ mette a nudo ciò che in qualche parte di noi
    quasi tutti siamo. Doppi e tripli, anche se sinceri. E dunque, spesso, come in questo caso, tremendamente comici.

    TEATRO 79

    12,00