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Category: | Culture e Intrecci |
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FAUST E LA CITTA
Dramma per la lettura e scritti sul Faust“Il lettore che conosce il grande Faust di Goethe si accorgerà che il mio Faust e la Città si riallaccia a quelle scene della seconda parte del Faust dove l’eroe goethiano crea una città libera”.
A. V. Lunaéarskij
Opera di carattere filosofico-socialista, Faust e la Città fu scritta da Lunačarskij nel 1908 durante il soggiorno italiano ad Antrodoco e completata nel 1916, un anno prima della Rivoluzione russa. L’autore, che fu anche una personalità politica di spicco, riflette artisticamente sul rapporto conflittuale tra il creatore e il creato, tra il genitore e il figlio lato sensu, tra il sovrano “illuminato” e il popolo che rivendica la propria autonomia, tra “Faust e la Città” appunto. Nell’opera occorre un confronto tra due grandi sistemi di governo, la monarchia e la democrazia, che LunaCarskij ritiene in opposizione dialettica e che nel dramma tenta di risolvere in una prospettiva socio-storica attraverso l’immagine della Repubblica Socialista fondata sul lavoro e sulla fratellanza universale.
Della visione “faustiana” di Lunačarskij e dell’origine goethiana della Repubblica Socialista realizzata dal conte Faust convertito al socialismo tratta ampiamente nella sua introduzione Donatella Di Leo. -
Il destino di Charles Lonceville
Nel 1932, su invito di Gor’kij, Paustovskij si reca a Petrozavodsk per ricostruire le vicende legate alla locale Fonderia, risalente ai tempi di Pietro il Grande. Durante una passeggiata si imbatte in una stele funeraria su cui è scritto: “CharlesEugène Lonceville, ingegnere artigliere della Grande Armata dell’Imperatore Napoleone, nato nel 1778 a Perpignan, morto nell’estate del 1816 a Petrozavodsk, lontano dalla patria. Che la pace discenda sul suo cuore tormentato”. Dopo un intenso lavoro d’archivio, il personaggio di Lonceville prende vita come una figura in carne ed ossa, vissuta più di cento anni addietro, e trascina con sé tutte le altre linee narrative, che si ricompongono in un vivido mosaico.
Nell’abbracciare il travaso di un’epoca nell’altra, Paustovskij riesce a far incrociare i destini dei suoi protagonisti fittizi con una folta schiera di silhouettes reali: da Pugkin a Goethe, da Caterina II ad Alessandro I, da Gascoigne a Voronichin. La rappresentazione della Russia sofferente nella morsa della tirannia si fonde con la visione dei fondali di neve e fango in cui affonda il suo sterminato territorio, in contrasto con le magnificenze di una Pietroburgo monumentale e sfuggente. Opera di passaggio dal Paustovskij “romantico” a quello “realista”, il racconto travalica la dimensione cronologica in cui è collocato e si proietta nel presente dei giorni di Stalin anche in virtù di una fitta rete di allusioni al clima di sospetto, ai soprusi e alle delazioni che si ripresentano immutati da un’epoca all’altra.Traduzione e introduzione a cura di Paola Ferretti
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LA RUSALKA PYCAJIKA
Figura complessa ed enigmatica della mitologia e del folclore slavo, la rusalka è un personaggio assai popolare nell’immaginario collettivo russo, bielorusso e ucraino. Pugkin ne fece l’eroina del suo dramma in versi omonimo, scritto tra il 1829 e il 1832, lasciando però il manoscritto in una forma che è stata considerata, a lungo e a torto, incompiuta da buona parte della critica. Pubblicato per la prima volta postumo nel 1837, in una versione che sarà presto definita “canonica”, tale dramma subirà diverse modifiche nelle edizioni successive e scatenerà un’appassionata polemica tra gli intellettuali a partire dalla fine dell’800. A metà degli anni ’70, il ricercatore sovietico Vladimir Recepter ha ristabilito l’ordine esatto delle scene del dramma ponendo un termine definitivo alle polemiche perdurate per più di un secolo e mezzo sul carattere incompiuto della Rusalka pugkiniana. Questa è la prima traduzione italiana in versi del testo integrale del dramma.
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IL GRANDE GIOCO
Pubblicato nel 1925 sull’almanacco Literaturnaja Mysl’, n. 3, e l’anno successivo in volume insieme a Fine di una banda (Konec chazy), con cui ha in comune il motivo dei bassifondi e Dell’avventura, il romanzo Il grande gioco (Bol’šaja igra) racconta con eleganza una storia di spionaggio. Palese è il rimando al romanzo Kim di Kipling, da cui Kaverin deriva il titolo (il Grande Gioco è, nel servizio segreto, la strategia delle trame spionistiche) e la motivazione prima. Il grande gioco è però anche il gioco d’azzardo che vede i due protagonisti incontrarsi nell’ultimo capitolo al tavolo verde di una bisca per una sfida decisiva che vedrà il predominio dell’uno e la rovina finale dell’altro.
La genesi di questo breve romanzo è complessa: la prima stesura risale all’estate del 1923 e reca il titolo Šuler Dieu (Il baro Dieu), dove Dieu è un cognome ed è scritto in caratteri latini.
Partendo da un’ambientazione esotica, l’Etiopia, e da un documento realmente esistito, la storia è imperniata sul contrasto fra l’agente inglese StephenWood, che si crede Dio, e il flemmatico professor Panaev, l’agente russo. Lo spunto da cui muove lo scrittore è reale come lo sono anche personaggi, riferimenti storici e eventi legati alla successione dell’imperatoreMenelik e alla Storia della penetrazione russa in Etiopia.
Su questo sfondo storicamente valido, Kaverin inserisce la sua finzione artistica che si apre con la presentazione di uno dei due protagonisti, il professor Panaev.
Rilevante è l’uso che Kaverin fa nel romanzo del motivo del gioco. Da una parte c’è il gioco continuo dell’autore con la trama e con i suoi personaggi, dall’altra il Gran Gioco, inteso sia come gioco
spionistico che come gioco d’azzardo, nella fattispecie chemin de fer e štoss,- una variante del faraone,- a cui si sfidano Panaev e Wood. La tradizione romantica del gioco di carte come «gioco con
la morte» nella poetica dell’avanguardia russa assume un carattere parodico da humor nero, particolarmente forte in Igra v adu (Gioco all’inferno) di Chručenych e Chlebnikov.
Il grande gioco è strutturato in modo tale che l’azione si svolga a incastro per arrivare alla logica dello scioglimento. Il duello fra i due protagonisti avviene su due piani: da una parte per il possesso
del proclama del negus, dall’altra per il predominio al tavolo da gioco. Chi perde al “Gran Gioco”, soccombe, e, per quanto sia paradossale in una storia con due antieroi,- uno rappresenta il bene e l’altro il male. -
RANGO E DENARO
Il giovane ufficiale di belle speranze Vadim Svirskij, dal patrimonio tutt’altro che ragguardevole, conosce a un ballo la candida e incantevole Vera. Da Don Giovanni a tempo quale era stato fino ad allora, si tramuta in devoto sacerdote di un unico, ossessivo culto: l’amore per Vera. Ma la storia è destinata ad essere travolta dai pregiudizi della società russa del primo Ottocento. Alla mente si affaccia tutto un universo divenuto familiare al lettore occidentale grazie a PuSkin, Lermontov e Tolstoj, ma che viene narrato qui per la prima volta con occhi femminili.
Rango e denaro si legge come una creatura letteraria delle più, singolari: narrativamente ricercata, ibrida per lingua e stile, incerta tra la celebrazione dell’ebbrezza allucinatoria di una passione senza confini e la sua patetica parodia. E soprattutto, in bilico tra la critica alle ragioni del “beau monde” e la rappresentazione, anche se tutt’altro che impassibile, della sua auto-assoluzione.