• “LA SUPPLENTE” E “IL FAZZOLETTO DI DOSTOEVSKIJ”
    Due spettacoli in forma di monologo

    (…) Il teatro nella vita, la vita nel teatro, per una eccentrica, tenerissima, supplente, Stella, che ha occhi intensi di blu oltremare di una strepitosa Silvia Brogi: a disposizione solo un’ora, il tempo stesso, reale e immaginario, della pièce, per incantare i finti scolari e i veri spettatori (…)
    Tra i bellissimi testi riproposti con La supplente nell’ambito del Teatro dell’Eccesso (La cena, Il maestro, Gioco al buio, lodevolmente proposti dalla Mongolfiera in questa stessa collana) figura l’altro splendido monologo che qui potete leggere II fazzoletto di Dostoevskij, che si può riassumere con questa sarcastica ironia del protagonista: Ma che c’entravo io?… E che c’entrava il mio povero fazzoletto col ventotto gennaio 1881 del signor Fedor Dostoevskij?… Cosa?…

    (da “Qui e Ora” di Fabio Pierangeli)

    10,00
  • TEATRO DELL’ECCESSO
    Capitolo secondo

    “(…) Nelle opere proposte in questo volume – ‘La Cena’, ‘Il Maestro’, ‘Gioco al buio’ – concepite in un arco temporale che va dal 1991 al 2011, oltre a ritrovare temi, linguaggi e luoghi propri della drammaturgia di Manfridi, si ravvisa anche la presenza evidente di una certa nota noir che serpeggia in tutte e tre le storie e che le accomuna in un’atmosfera da thriller.
    In tutti e tre i testi assistiamo all’attesa di un evento che, con il dipanarsi della vicenda, si carica di suspense. Si tratta di tre storie e tre ambiti completamente diversi, dove ci si imbatte in fantasmi di cadaveri, in cadaveri fantasma, e in cadaveri veri e propri. (…)”

    (Dalla prefazione di Claudio Boccaccini)

    TEATRO 56

    15,00
  • TI AMO, MARIA!

    “Ti amo, Maria!” è una storia colma di energie compresse pronte a esplodere. Energie oscure e lampeggianti da cui promanano fantasmi, e, con essi, visioni esagerate dell’amore.
    L’amore, ecco! Di questo, soprattutto, racconta la commedia che, a dirla breve, potrebbe essere definita una storia d’amore. Certo, bruciante, poichè i sentimenti che le danno anima si nutrono di un’idea dura dell’amore, concepito come inimicizia, scontro, conflitto. Soprattutto, come persecuzione. E se si dà persecuzione, si dà una vittima e si dà un carnefice. In questo caso, chi l’una e chi l’altro? Non è data risposta. Come nel caso di un amante che perseguiti l’amato accusandolo a sua volta di essere uno stalker. Un circolo vizioso. Una patologia. Una patologia di coppia.

    8,00
  • REAL MADRID – ROMA 1-2
    Atto Quinto

    E’ stato detto: al Santiago Bernabeu novanta minuti possono essere lunghissimi. Molto più lunghi che altrove. Questa la particolare dimensione in cui siamo andati a vincere una gara che ci sarebbe bastato pareggiare, ma che se avessimo provato a pareggiare, avremmo senz’altro perso, e che invece tentando di vincere per riuscire a pareggiarla, a un certo punto ci siamo trovati a vincerla, e poi di nuovo a pareggiarla. Allora abbiamo provato ancora a vincerla per conservare quel pareggio sino alla fine, e alla fine…
    … no, presso la fine…
    … nell’anarchia degli attimi estremi, in un tempo di recupero in cui la masnada dei novanta minuti insisteva a propagare un senso di interminabilità…
    … solo a quel punto…
    … the titie!
    Il titolo di stasera!… Il titolo dello spettacolo, del libro!…
    PERCHÉ UNA PARTITA… È PER SEMPRE

    5,00
  • ROMA-JUVENTUS 3-2
    Atto Quarto

    “Un’onda si spande in lontananza, verso la Nord. Morini lancia un pallone lungo in area.
    Lunghissimo, da sotto la Tevere. Prati lo stoppa di petto dando le spalle alla porta, che è un rettangolino minuscolo ai limiti del mondo. La palla picchia in terra e, sul rimbalzo, il mio idolo, balocco dei miei sogni, ha una torsione repentina, la impatta di collo pieno e in mezza girata la sbatte sotto la traversa.
    Mai visto così bene dal parterre della Sud un gol fatto sotto la Nord!
    Benedico la miopia accresciuta che mi ha imposto lenti che ricusavo da troppo, e che dunque mi ha permesso al meglio la visione di quel gol magnifico.
    Per una volta, sono io che posso raccontarlo a chi non l’ha capito.”
    PERCHÉ UNA PARTITA… È PER SEMPRE

    5,00
  • ROMA-LIVERPOOL 1-1
    Atto Terzo

    “Roma-Liverpool l’avevo un po’ scansata da me, ma mai abolita.
    Come abolire un kolossal?… Un kolossal dell’anima. Roma. Roma e la sua finale. ..
    … la città si era guadagnata quella finale di Coppa Campioni `83/’84 prima che riuscisse a farlo la propria squadra. Al tentativo numero uno.
    Meraviglia delle meraviglie! Come non pensare al miracolo!? E una porzione di miracolo ci è stata data.
    Tutto intero no, ma una porzione di miracolo già basta a segnare una vita.
    Qui, e non altrove, nella Roma della Roma, si sarebbe disputata l’ultima gara.”
    PERCHÉ UNA PARTITA… È PER SEMPRE

    5,00
  • PISA-ROMA 1-2
    Atto Secondo

    “Stasera siete tutti invitati ad abitare con me questo tempo di sosta, di vita sospesa. Questo segmento durante il quale il miracolo che sembrava stesse per avvenire fu colto da ictus, senza tuttavia svanire.
    Sarà indispensabile, però, raccontare anche motto di ciò che sta prima di questo segmento, e un po’ di ciò che gli sussegue.
    A cominciare da una Nazionale campione del mondo che restituisce alla Serie A una Juventus coi connotati della superpotenza.
    Fatto salvo Bruno Conti, ce li ha tutti lei: gli azzurri migliori; il francese migliore; il polacco migliore. E chi non era migliore da prima, lo è diventato durante. Vedi Paolo Rossi.
    La si direbbe una corsa a uno. Difatti!…
    … Solo che quell’uno non sarà l’uno che era stato previsto.”
    PERCHÉ UNA PARTITA… È PER SEMPRE

    5,00
  • LAZIO-ROMA 3-3
    Atto Primo

    “I 90 minuti sono aggrediti.
    Già non sono più 90. Già un po’ meno. Diminuiti di qualche secondo, ma diminuiti.
    Il derby, cominciando, comincia a finire. Ma, Dio, quanto sarà lungo!
    Un countdown… un countdown…
    Che racconterà? Cosa ci costringerà o ci permetterà di vivere?
    La Roma attacca. C’è. Mi rincuoro. Ci rincuoriamo tutti. Il che non vuol dire smettere di tremare. Le due cose possono andare di pari passo.
    Firmeresti per un pareggio?… Per risposta, più smorfie che parole.
    In molti non hanno il coraggio di dire sì. Di ammettere che per una volta non hanno voglia di aver coraggio.
    Anche chi lo domanda, lo fa perché in fondo vorrebbe stimolare un’eco esplicita del proprio sì implicito. Sì che firmerei! Certo che firmerei!
    Una tentazione tabù.”
    PERCHÉ UNA PARTITA… È PER SEMPRE

    5,00
  • WAKEFIELD, L’UOMO CHE VOLÒ OLTRE SE STESSO

    “Wakefield” è una novella di Hawthorne che narra di un uomo determinato a guardare la propria vita dal di fuori.
    Per farlo, il protagonista abbandona la famiglia prendendo alloggio nella stanza di una pensione che fronteggia la casa da cui è venuto via, e qui rimane per una ventina d’anni sino al giorno in cui decide di riattraversare la strada e ritornare dalla moglie (ormai spenta da una vedovanza ritenuta certa) con l’intenzione di riavviare il ménage di un tempo come se nulla fosse accaduto.
    Da qui si parte per un viaggio che, attraversando Poe e Melville, giunge imprevedutamente alle Olimpiadi messicane del ’68 per raccontare una prodigiosa impresa sportiva…
    … per raccontarla dal di dentro, quasi in presa diretta…
    … e per raccontare qualcosa da molti dimenticata.
    O forse mai saputa.

    5,00
  • LA MATASSA E LA ROSA

    Il nazismo fece scempio di tanti Uomini e Donne di Fede, ma non riuscì ad oscurare, a distruggere i loro alti valori religiosi e morali. Ciò che è più interessante, non è certo stabilire la superiorità di una dottrina rispetto ad un’altra, bensì poter riflettere e partecipare ad uno scontro dialettico e costruttivo su percorsi diversi per raggiungere la Luce, ma opposti alla logica del buio, del potere, della violenza e della morte che sono state proprie del nazismo.
    Lo spettacolo è un oratorio dedicato alla vita, alla fede, al martirio di Edith Stein: ebrea di nascita, convertita al cattolicesimo, allieva e poi assistente di Husserl, carmelitana, fu deportata ed entrò nella camera a gas del lager di Auschwitz nel 1942. Prima di esservi tradotta, Edith Stein fu ospite per pochi giorni nel campo di smistamento di Westerbork, in Olanda. Nello stesso periodo, per circa un anno, vi fu costretta anche Etty Hillesum, giovane scrittrice ebrea. Pare che le due si siano veramente incontrate nell’agosto del 1942 (pochi giorni prima della deportazione ed uccisione di Edith Stein) ma cosa si siano dette nessuno lo sa.
    Ecco, proviamo ad immaginare di essere per un’ora in prigionia con loro e di poterle ascoltare mentre parlano sottovoce.
    Testimonianza della loro luminosa esistenza, che durante il tenebroso evento del nazifascismo, ha liberato lo spirito che in loro gemeva e cantato un canto nuovo alla fede, alla vita, a dio.

    5,00
  • MARLENE

    Nel nome della protagonista – Maria Magdalena – é già segnato il percorso umano e artistico che per decenni e fino ai nostri giorni, ha sollecitato l’immaginario collettivo, consegnando al mondo l’icona di una bellezza prima ferocemente costruita e poi tenacemente mantenuta fino all’inevitabile declino.
    Di questa discesa il testo di Manfridi é testimonianza. Marlene é una “via crucis” dolorosa, che parallelamente all’alimentarsi del mito fa sprofondare la protagonista nelle pieghe più “umanamente degradate”: i rapporti con gi uomini, gli innumerevoli amanti, un marito che rimane sempre sullo sfondo, una figlia che si occupa di lei fino alla fine ma con cui ha un legame difficile.
    Sullo sfondo si muove la Storia che cambierà l’ordine naturale delle cose: Marlene l’attraversa cercando comunque di proteggere il suo mito, essendo la prima icona moderna consegnata alla nostra inesauribile e insaziabile voglia di eterna bellezza attraverso le luci e le ombre create dal suo “mefistofelico” amante e mentore Joseph Von Sternberg.
    Marlene come una riflessione sulla necessità di creare “miti” ma anche, soprattutto, la storia di una donna fragile/indistruttibie, sezionata nei suoi affetti, nei suoi rapporti, che impietosamente si mostra nella sua temibile alterità fino alla consegna finale attraverso uno struggente e infinito piano sequenza diretto dal suo maestro di sempre.
    Un testo, questo di Manfridi, nella grande tradizione nordica che comincia con August Strindberg canta fino a Ingmar Bergmar.
    Le canzoni saranno il filo rosso di questo spettacolo, per ricomporre pienamente il quadro di un’epoca fortemente dolorosa, segnata dalla guerra da cui disperatamente si cercava una via di uscita.
    La scena è uno spazio mentale della memoria dove la protagonista ritrova le figure più importanti della sua vita in una “danza di morte” di strindberghiana memoria.

    Maurizio Panici

    10,00