Suzana Glavaš (Zagreb, Croazia), PhD in filologia romanza, è italianista, croatista, comparatista e ebraista. Residente a Napoli e docente di lingua croata all’Università “L’Orientale”, volge gli interessi di ricerca ai rapporti let¬terari italo-croati da Dante ai giorni nostri, alla letteratura ebraica tra le due sponde dell’Adriatico, nonché alla poesia italiana del Novecento, in particolare a quella di Umberto Bellintani. Molte sono le sue traduzioni di autori italiani in croato e di autori croati in italiano. Scrive indistintamente in due lingue. In Croazia sono usciti su riviste due suoi cicli di poesie. Questa è la sua seconda raccolta di poesie in lingua italiana. La prima è uscita con Aracne editrice nel 2013 dal titolo Sono donna che NON C’È (prefazione di Maria Roccasalva). Ha vinto il Premio di Poesia I Moti dell’Anima Città di Positano, VII Edizione 2015.

  • TI SUONO LE MIE DITA
    PER MANO SOLA

    […] La vita di Suzana, la vita di ciascuno di noi, ognuno di noi un poeta nella sua vita, costruttore di pezzi da mettere su due piatti di bilancia per poi stare a guardare. Raccolgo i cocci della mia anima, dice la Glavaš; raccogliamo i nostri. Il Male è forte, il Bene è forte e si chiede chi dei due la condurrà alla morte. Facciamo altrettanto. La parola dono la riporta alla parola perdono. E ci chiediamo per chi, perché, ma ce lo chiediamo. Condivisione. Questo chiede e questo chiediamo, tutte le volte che ancora abbiamo la sana abitudine di sfogliare pagine di carta, accoccolati, acconchigliati, come lei dice, disposti ad accogliere poesia. Il poeta provvede a calarci in un abisso in cui trovare luce, ma dobbiamo lasciarci condurre e non pensare che non c’è tempo, non c’è spazio, non c’è vita e natura. Ed è a questo punto che la Glavaš ci ricorda che c’era una volta un Re Signore, che non sapeva odorare i fiori, che non aveva nessuno che gli raccontasse una Favola e forse anche per questo i suoi occhi non avevano luce. E senza luce non c’è meta. La favola del Re Signore è apodittica e svela il senso profondo della poesia. Il senso è si direbbe la necessità del verso. La favola in versi è una ballata col suo ritornello, un rondò, una musica antica. […]

    Dalla Prefazione di Maria Gabriella Mariani, pianista compositrice scrittrice

    […] Più silenzi che parole, Suzana parla da nessun luogo, si nasconde agli uomini: dall’oscurità che l’avvolge emerge un brandello del suo animo che descrive la morte come un quadro di Arnold Böcklin. L’Universo vive il tempo di un rimbalzo, che a noi umani appare invece un tempo eterno: un breve abbraccio giustifica la vita, un abbraccio è eterno. Si vive solo di relazione e nella brevità di quei tocchi di pianoforte vi sono le lacrime d’amore o d’amarezza di Suzana. Dice Flaiano, con sarcasmo, che l’Italiano è una lingua parlata dai doppiatori: Suzana Glavaš, Croata, conosce le virtù musicali dell’Italiano meglio di un madrelingua. “L’Arte sentita è una specie di malattia, stato d’animo d’eccezione, sovraeccitazione di ogni fibra, d’ogni attimo”. Così Giacomo Puccini.
    È questo il mare increspato di Suzana Glavaš.

    Dall’Introduzione di Luca Signorini, violoncellista compositore scrittore

    Curatele e traduzioni di Suzana Glavaš per la Mongolfiera Editrice e Spettacoli:
    Fiora. Dialogo in assenza di Torquato/Cvijeta. Dijalog bez Torquata, dramma, atto unico, edizione in italiano e croato, di Matilde Tortora (cura e traduzione in croato, 2000);
    Rebecca nel profondo dell’anima, romanzo sulla violoncellista Rebecca Levi prima durante e dopo la Shoah in Croazia, di Jasminka Domaš (cura e traduzione in italiano, 2000);
    Sonetti d’amore (Nuove Versioni)/Zvonjelice ljuvene (Novi prepjevi), per i settecento anni dalla nascita di Francesco Petrarca, edizione in italiano e croato, di Mirko Tomasović (cura e traduzione in italiano, 2003);
    Cvijeta Zuzorić/Fiora Zuzzeri quasi una fantasia, dramma, atto unico, rivisitazione contemporanea di due letterate amiche del Rinascimento croato, di Matko Sršen (cura e traduzione in italiano, 2008).

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