Konstantin Paustovskij (1892-1968) è stato uno scrittore prolifico, dalla biografia ricca di eventi (ripercorsi nella Cronaca di una vita), che ha saputo mantenersi fedele a se stesso lungo tutte le travagliate fasi attraversate dalla Russia durante la Rivoluzione, lo Stalinismo e il Disgelo. Adorato da generazioni di lettori, vanta ancora oggi un posto di prim’ordine tra gli autori più letti e apprezzati in patria. Un rango che regge all’usura del tempo e alla patina di retorica depositata su alcune delle sue pagine.
Paustovskij ha legato il proprio nome ad uno stile unico, irradiato da una limpida e vivida classicità. Nei suoi racconti e romanzi gli eroi proletari, immersi in una natura partecipe, travolti da intense avventure, storie d’amore e meditazioni sull’arte e la poesia, appaiono fatti della stessa materia dei sognatori che vagheggiavano il bene e il vero un secolo addietro.

  • Il destino di Charles Lonceville

    Nel 1932, su invito di Gor’kij, Paustovskij si reca a Petrozavodsk per ricostruire le vicende legate alla locale Fonderia, risalente ai tempi di Pietro il Grande. Durante una passeggiata si imbatte in una stele funeraria su cui è scritto: “CharlesEugène Lonceville, ingegnere artigliere della Grande Armata dell’Imperatore Napoleone, nato nel 1778 a Perpignan, morto nell’estate del 1816 a Petrozavodsk, lontano dalla patria. Che la pace discenda sul suo cuore tormentato”. Dopo un intenso lavoro d’archivio, il personaggio di Lonceville prende vita come una figura in carne ed ossa, vissuta più di cento anni addietro, e trascina con sé tutte le altre linee narrative, che si ricompongono in un vivido mosaico.
    Nell’abbracciare il travaso di un’epoca nell’altra, Paustovskij riesce a far incrociare i destini dei suoi protagonisti fittizi con una folta schiera di silhouettes reali: da Pugkin a Goethe, da Caterina II ad Alessandro I, da Gascoigne a Voronichin. La rappresentazione della Russia sofferente nella morsa della tirannia si fonde con la visione dei fondali di neve e fango in cui affonda il suo sterminato territorio, in contrasto con le magnificenze di una Pietroburgo monumentale e sfuggente. Opera di passaggio dal Paustovskij “romantico” a quello “realista”, il racconto travalica la dimensione cronologica in cui è collocato e si proietta nel presente dei giorni di Stalin anche in virtù di una fitta rete di allusioni al clima di sospetto, ai soprusi e alle delazioni che si ripresentano immutati da un’epoca all’altra.

    Traduzione e introduzione a cura di Paola Ferretti

    10,00