Gualberto Alvino si è particolarmente dedicato agli irregolari della letteratura italiana, da Consolo a Bufalino, da Sinigaglia a D’Arrigo, da Balestrini a Pizzuto, del
quale ha pubblicato in edizione critica Ultime e Penultime (Cronopio, 2001), Si riparano bambole (Sellerio, 2001; Bompiani, 2010), Giunte e Caldaie (Fermenti, 2008), Pagelle (Polistampa, 2010), nonché i carteggi con Giovanni Nencioni, Margaret e Gianfranco Contini (tutti editi dalla Polistampa). Fra i suoi lavori più recenti la curatela della silloge di Nanni Balestrini Sconnessioni (Fermenti, 2008), le raccolte di saggi Peccati di lingua. Scritti su Sandro Sinigaglia (ivi, 2009), La parola verticale. Pizzuto Consolo Bufalino (Loffredo, 2012), Scritti diversi e dispersi (Fermenti, 2015), «Come per una congiura». Corrispondenza tra Gianfranco Contini e Sandro Sinigaglia (Edizioni del Galluzzo, 2015), Per Giovanni Nencioni (Fermenti, 2017, con Luca Serianni, Salvatore Sgroi, Pietro Trifone) e la raccolta di scritti critici Dinosauri e formiche. Schegge di critica militante (Roma, Novecentolibri, 2018). Suoi scritti poetici, narrativi, critici e filologici appaiono regolarmente in riviste accademiche e militanti, di alcune delle quali è redattore e referente scientifico. Collabora con l’Istituto della Enciclopedia Italiana con recensioni e rubriche.

  • LA PERFETTA

    «Gualberto Alvino si pone da capo il problema di costruire la lingua del suo racconto, fare lo sforzo mimetico d’inventare la lingua di qualcuno che non sia semplicemente un escluso, un emarginato, ma anche un ‘disturbato’, uno che non ci sta con la testa, in altre parole un pazzo, anzi una pazza, che però non sta rinchiusa in manicomio, perché Basaglia l’ha liberata, e lei, non avendo né casa né famiglia, vive per la strada. Qua e là, però, si capisce che non viene da una famiglia di sottoproletari, è diventata sottoproletaria. Questo permette alla sua lingua di mantenere anche, se non altro, la memoria di una lingua alta, di una lingua della classe dominante. In ciò si distingue da esempi che potrebbero esserle accostati:
    Testori, Dario Fo, Pasolini, Gadda. Quest’ultimo, a dire il vero, lascia più di una traccia. Se non altro, per la multiformità dei livelli linguistici esplorati. La protagonista è la prima a essere consapevole di questi livelli, a serbare memoria delle condizioni sociali attraversate: «Non pare, ma c’è un ordine nella mia vita. Sarà una vita minima, squinternata, ma ho un progetto». Un sottoproletario non ha una tale consapevolezza, ma uno che lo è diventato, sì».

    Dal saggio introduttivo di Dino Villatico

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